Se hai un racconto di montagna che vuoi condividere mandalo a: bergamaccio@gmail.com Nota Bene: La pubblicazione dei racconti inviati è a totale discrezione del webmaster Pale Whiteout Da bambino mi hanno spiegato che il nero non è propriamente un colore ma la mancanza tutti i colori che formano la luce. Lo so, non è un concetto  facile soprattutto per uno come me che soffre di una lieve forma di  daltonismo e che, secondo mia moglie Chiara, diventa insopportabile in fase  di abbinamento di camice e maglioni. L'esempio che spiega il nero come  assenza di luce è quello di una stanza buia in cui non si  percepiscono i  colori degli oggetti in essa contenuti. Ma quando invece c'è luce come mai un oggetto è tutto nero? Allora si  applica un'altra definizione di nero, contrastante con la prima. Il nero  sarebbe invece l'insieme di tutti  i pigmenti che assorbono la luce. Beh allora vale tutto, dico io. La natura usa il nero così raramente, con parsimonia, nel lucido mantello  degli scarabei, nelle melanzane, nelle more o nei frutti del gelso. Io mi  accendo quando lo vedo nei capelli della persona che amo, come un'ombra  accesa ed elegante, contorno profondo dei miei sogni. Il nero veste la notte  e ne è la sua stessa sostanza. Lo portiamo sempre con noi questo  pigmento, semplicemente chiudendo gli occhi, il nero diventa una  separazione percettiva dal resto.  E il bianco? Il bianco alla fine non è poi così diverso dal suo opposto, anch'esso è un  insieme di colori primari. Certo riflette la luce, ma anche il bianco talvolta è  simile al buio. Mi è capitato in marzo, sull'altopiano delle Pale di San  Martino. In tutte le relazioni di scialpinismo che descrivono la salita alla cima  Fradusta, viene specificato di non  avventurarsi sull'altopiano se non in  condizioni di ottima visibilità. Io e i miei soliti compagni di viaggio, Griso e  Bobby,  fummo costretti ad andarci in una giornata incerta per effettuare un  sopralluogo. "Quando usciamo dalla funivia della Rosetta si apre davanti a noi uno  spettacolo incredibile, nei giorni scorsi ha nevicato e nessuno si è ancora  avventurato sull'altopiano, una distesa bianca ed incontaminata. Mentre  cominciano ad addensarsi nuvole sopra di noi sciamo in direzione del  Rifugio Rosetta, poi mettiamo le pelli e iniziamo a tracciare la neve farinosa.  Il tempo immediatamente peggiora e con lui la visibilità. Dopo mezz'ora   avanziamo faticosamente cercando l'itinerario migliore. Nevica, è quasi una  piccola bufera di neve pallottolare, quella che somiglia a piccoli pallini di  polistirolo. Tutto si fa bianco intorno a noi, completamente. È whiteout.  Sembra di avanzare nel nulla. Non capisco se sto salendo o scendendo,  percepisco solo lo sforzo della salita o il moto involontario della discesa,  fatico a comprendere la direzione,  la forma del pendio, se ci sono cornici,  rocce o voragini,  sono completamente smarrito. Ogni tanto la visibilità  migliora, allora tiro il fiato, ma non mi faccio illusioni, perché da un minuto  all'altro può tornare il bianco assoluto. Ci parliamo e decidiamo di tornare indietro le tracce si vedono ancora,  facciamo in fretta prima che spariscano del tutto. Il bianco totale mi da un  senso di nausea.  Abbasso la testa guardo le punte degli sci che si muovono e mi sento subito meglio. L'animo è inquieto, il cervello combattivo. In breve  però siamo di nuovo agli impianti e mentre mettiamo i vestiti ad asciugare  vicino alla stufa del rifugio, guardo fuori quel bianco diffuso e per me è come se fosse nero, come se ogni colore e forma fossero inghiottiti dal bianco  colore della luce. Allora mi rivolgo a me stesso, al mio daltonismo, a quelli che mi hanno  spiegato i colori, a coloro che nella loro vita hanno sempre in tasca il bianco  e il nero e ti dicono di quale colore deve essere la tua vita, a loro dico che a  volte la luce totale è come la tenebra. Whiteout."
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Racconti Witheout sulle Pale di San Martino