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Pale Whiteout
Da bambino mi hanno spiegato che il nero non è propriamente un colore ma
la mancanza tutti i colori che formano la luce. Lo so, non è un concetto
facile soprattutto per uno come me che soffre di una lieve forma di
daltonismo e che, secondo mia moglie Chiara, diventa insopportabile in fase
di abbinamento di camice e maglioni. L'esempio che spiega il nero come
assenza di luce è quello di una stanza buia in cui non si percepiscono i
colori degli oggetti in essa contenuti.
Ma quando invece c'è luce come mai un oggetto è tutto nero? Allora si
applica un'altra definizione di nero, contrastante con la prima. Il nero
sarebbe invece l'insieme di tutti i pigmenti che assorbono la luce. Beh allora
vale tutto, dico io.
La natura usa il nero così raramente, con parsimonia, nel lucido mantello
degli scarabei, nelle melanzane, nelle more o nei frutti del gelso. Io mi
accendo quando lo vedo nei capelli della persona che amo, come un'ombra
accesa ed elegante, contorno profondo dei miei sogni. Il nero veste la notte
e ne è la sua stessa sostanza. Lo portiamo sempre con noi questo
pigmento, semplicemente chiudendo gli occhi, il nero diventa una
separazione percettiva dal resto.
E il bianco?
Il bianco alla fine non è poi così diverso dal suo opposto, anch'esso è un
insieme di colori primari. Certo riflette la luce, ma anche il bianco talvolta è
simile al buio. Mi è capitato in marzo, sull'altopiano delle Pale di San
Martino.
In tutte le relazioni di scialpinismo che descrivono la salita alla cima
Fradusta, viene specificato di non avventurarsi sull'altopiano se non in
condizioni di ottima visibilità. Io e i miei soliti compagni di viaggio, Griso e
Bobby, fummo costretti ad andarci in una giornata incerta per effettuare un
sopralluogo.
"Quando usciamo dalla funivia della Rosetta si apre davanti a noi uno
spettacolo incredibile, nei giorni scorsi ha nevicato e nessuno si è ancora
avventurato sull'altopiano, una distesa bianca ed incontaminata. Mentre
cominciano ad addensarsi nuvole sopra di noi sciamo in direzione del
Rifugio Rosetta, poi mettiamo le pelli e iniziamo a tracciare la neve farinosa.
Il tempo immediatamente peggiora e con lui la visibilità. Dopo mezz'ora
avanziamo faticosamente cercando l'itinerario migliore. Nevica, è quasi una
piccola bufera di neve pallottolare, quella che somiglia a piccoli pallini di
polistirolo. Tutto si fa bianco intorno a noi, completamente. È whiteout.
Sembra di avanzare nel nulla. Non capisco se sto salendo o scendendo,
percepisco solo lo sforzo della salita o il moto involontario della discesa,
fatico a comprendere la direzione, la forma del pendio, se ci sono cornici,
rocce o voragini, sono completamente smarrito. Ogni tanto la visibilità
migliora, allora tiro il fiato, ma non mi faccio illusioni, perché da un minuto
all'altro può tornare il bianco assoluto.
Ci parliamo e decidiamo di tornare indietro le tracce si vedono ancora,
facciamo in fretta prima che spariscano del tutto. Il bianco totale mi da un
senso di nausea. Abbasso la testa guardo le punte degli sci che si muovono
e mi sento subito meglio. L'animo è inquieto, il cervello combattivo. In breve
però siamo di nuovo agli impianti e mentre mettiamo i vestiti ad asciugare
vicino alla stufa del rifugio, guardo fuori quel bianco diffuso e per me è come
se fosse nero, come se ogni colore e forma fossero inghiottiti dal bianco
colore della luce.
Allora mi rivolgo a me stesso, al mio daltonismo, a quelli che mi hanno
spiegato i colori, a coloro che nella loro vita hanno sempre in tasca il bianco
e il nero e ti dicono di quale colore deve essere la tua vita, a loro dico che a
volte la luce totale è come la tenebra. Whiteout."
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