Se hai un racconto di montagna che vuoi condividere mandalo a: bergamaccio@gmail.com Nota Bene: La pubblicazione dei racconti inviati è a totale discrezione del webmaster Attilio poesia che cammina da l’Orsaro rivista del CAI Parma, Giugno 2013  di Matteo Bergamo  Se la poesia avesse le gambe, non se ne starebbe seduta ad attendere un  vento d'ispirazione, si metterebbe invece in cammino per trovare  quell'angolo nascosto del creato dove fiorisce l'invisibile.  Non è una novità il fatto che la poesia possa nascere dal movimento, mente  e scarpe insieme, attraverso l'osservazione della natura intorno a noi. Non  parlo semplicemente di una corrente romantica, ma di un filone illustre e  trasversale della poesia che va dall'ottocento sino ad oggi a partire da poeti  del calibro di  Wordsworth, Coleridge, Whitman, Baudelaire, sino ad Attilio  Bertolucci. Sì, avete capito bene, anche il poeta parmigiano ed estivo  frequentatore di Casarola, forse noto ai più per essere padre dei registi  Bernardo e Giuseppe, quest'ultimo recentemente scomparso nel giugno  2012. Attilio Bertolucci (1911-2000) è senza dubbio uno dei più insigni poeti del  novecento. Attilio emerge sui suoi contemporanei per la sua atipicità al  punto da essere bollato come un "antinovecentista" in contrapposizione alla  dominante corrente ermetica. Il miracolo di Bertolucci risiede in  un'incredibile vocazione narrativa che ci dona un universo poetico e  autobiografico fatto di cose semplici, tangibili, come le tradizioni familiari, i  legami affettivi, le suggestioni della campagna e dell'Appennino. Parma, città natale di Attilio, solo negli ultimi anni ha riscoperto la grandezza  di questo vibrante narratore di meraviglie, come vuole la migliore tradizione  'nemo propheta in patria' soprattutto quando in patria c'è crisi. Lo testimonia  il fatto che la casa di Baccanelli fino a non molto tempo fa fosse in pessimo  stato e abitata da un gruppo di senzatetto. Forse considerato l'animo di  Attilio e la sua propensione al cammino, egli avrebbe dato volentieri un  riparo ai migranti per condividere con loro un frammento di pensiero che  sfugge all'immobilità, lui che è tout court un poeta-viandante. "Lasciate che m'incammini per la strada in salita / e al primo batticuore mi  volga, / già da stanchezza e gioia esaltato ed oppresso / a guardare le valli  azzurre per la lontananza / azzurre le valli e gli anni / che spazio e tempo  distanziano." Queste strofe iniziali di "Verso Casarola", una delle sue liriche  più intense, ci svelano le coordinate bertolucciane. Attraverso lo sguardo  paziente dei suoi anni, egli ci prende per mano e ci immerge in un  paesaggio che scorre dalla pianura alla montagna, da una dimensione  orizzontale e reale ad una più verticale e intimista.  Attilio conosce Casarola all'età di undici anni, un paesino arroccato sulle  montagne del nostro Appennino. Negli anni venti arrivarci era un'impresa,  come racconta lui stesso: "Allora sembrava un evento la partenza. Si  prendeva un tram a vapore e si arrivava a Langhirano: tre carrozze in tutto e un gran fischio. Da Langhirano si pigliava la corriera che portava a Monchio. Ricordo che ci fermavamo a Casa Battistini dai nostri parenti. Era la più  bella di Monchio e ci si arrivava dopo cinque ore di viaggio. A Casarola  bisognava andare e a piedi, c'era solo una mulattiera. Arrivavamo alla  nostra casa verso sera e davanti agli occhi mi si apriva la visione di  un  paese favoloso, staccato non solo dalla pianura, ma dal mondo." Non è solo un distacco fisico dal resto, è il bisogno esistenziale del poeta di  trovare la propria tana spirituale, in quella Casarola dove uomo e natura  condividono insieme lo stesso destino: "una terra per viverci, cavalli e  uomini, a lungo". La natura appenninica è però altra cosa da quella della  pianura: selvaggia e fragile, severa e potente allo stesso tempo, mai  ornamentale come scrive in una sua poesia mentre si trova a Roma e con  nostalgia ripensa a Casarola. "Io voglio tornare a vivere dove l'erba / non è  come qui puro ornamento, gioia degli occhi / che dura l'anno intero." È proprio questa natura che trasforma Bertolucci in uno dei più grandi  illusionisti del novecento. Come per Wordsworth le escursioni sui dirupi del  Lake District risvegliavano i sensi, così per Attilio la natura del Parco dei  Cento Laghi fa germogliare in lui la rêverie, l'illuminazione. Il piccolo cosmo  che gli sta intorno traluce il volto profondo dell'esistenza, così che il poeta  riesce ad esprimere "il massimo di realtà profonda movendo dal minimo di  realtà visibile quotidiana". E camminando si modifica anche la metrica dei  suoi versi, il frequente ricorso all'enjambement riflette il passo che non si  ferma, ma prosegue sul sentiero e nella riga successiva senza soluzione di  continuità. Attilio camminava sempre. Ce lo racconta nella sua straordinaria  testimonianza "La casa del poeta", lo scrittore e critico Paolo Lagazzi amico  e grande decifratore di Bertolucci con cui ha condiviso ben ventiquattro  estati a Casarola. "Attilio ogni mattina usciva da casa sua per andare verso  Riana, dalla sua casa fino ad una curva di strada oltre il paese prima del  ponte in rovina sul Bratica, un paio di chilometri in tutto tra andare e tornare  con un quaderno in mano." Lo stesso Bertolucci riporta: "Tutte le mattine  avevo in mente una cosa che poi si poteva sviluppare in modo molto vario.   Alle nove, per anni, uscivo con un largo quaderno, e camminando lungo  la  strada abbastanza pianeggiante, che va da Casarola a Riana, scrivevo la  prima sequenza. Spesso c'erano delle piante tagliate e lasciate a  stagionare; se ero un po' stanco mi sedevo su una di queste. Poi riprendevo a camminare. Senza nessun orologio, a mezzogiorno avevo finito la  sequenza e chiudevo il quadernone. (…) Tutto questo avveniva  assolutamente senza progetto." Così nascono alcune delle sue più belle  poesie ed in particolare quell'unicum letterario che è "La camera da letto", il  poema che richiese il lavoro di circa trent'anni. Questo lasso di tempo che a noi sembrerebbe enorme, non lo è per Attilio.  La poesia è un camminare lento e il tempo è uno temi dominanti di tutta  opera bertolucciana. Una ragnatela invisibile che tesse inesorabilmente la  sua tela, contro cui tutte le fughe e le resistenze sono vane. Allora non resta che abbandonarsi alla sua completa accettazione, lasciare pazientemente  che sia lui ad avere ragione su ogni cosa, anche sulla poesia. Oggi è possibile ripercorrere gli itinerari calcati da Bertolucci, leggere i suoi  testi, attraverso l'ottimo lavoro compiuto dalla Provincia, dal Comitato Pro  Casarola, dal Comune di Monchio delle Corti, dal Parco Nazionale  dell'Appennino Tosco-emiliano e dal Parco dei Cento Laghi. Grazie a loro  possiamo dire che a Casarola Attilio è davvero vivo e profeta.  Racconti Sentiero Cultura Attilio Bertolucci Incantevole e semplice itinerario ad  anello tra Casarola e Riana Durata: 2 ore circa.   Difficoltà: adatto a tutti.  Arrivando per la strada provinciale  nella piazzetta di Casarola, nei pressi  della bacheca "Pagine di Pietra" e del  cartello Casarola, il segnavia  "Sentiero Cultura" indica la strada  verso la parte alta del paese. Noterete  subito che ogni casa riporta una targa  con i versi del grande poeta, non  lasciatevi distrarre e raggiungete  l'antica casa della famiglia Bertolucci,  dove un pannello ricorda la vita e le  opere del Poeta. La casa facilmente  riconoscibile reca in modo simbolico il civico 1. Ritornando indietro per un  breve pezzo e seguendo sempre i  segnavia abbandonate rapidamente il  paese per una strada sterrata in  leggera salita, l'itinerario attraversa  docili pendii contornati da prati e  pascoli. Disseminate lungo il percoso  troverete le poesie di Bertolucci,  fermatevi a leggere la poesia "Le  farfalle" e vedrete subito spuntare una  coppia di farfalle alle vostre spalle. Si  scende quindi verso l'abitato di Riana,  che si raggiunge, dopo essere ritornati sulla strada principale ed aver  attraversato il ponte sul torrente  Bratica. Il percorso ora entra in Riana,  costeggiando anche l'antica corte  Fontechiari, la vecchia fontana e la  Chiesa del Paese, per poi tornare  nuovamente verso la strada  provinciale in prossimità della taverna  Tana del Lupo. Da qui attraversando  la provinciale si scende nella parte  sottostante l'abitato. In breve  costeggiando il muro del cimitero (alla  vostra sx) si arriva  ad un vecchio  mulino sulle sponde del Bratica, qui il  percorso propone al visitatore  deviazione da non perdere sempre  verso sx. Qui la mulattiera conduce ad  un secolare castagneto la "Bora del  Bosco", chiamato anche il "Bosco  delle fate". Vi troverete in  un'incantevole foresta di castagni  popolata da enormi massi rocciosi  ricoperti di muschio, costellata di  essiccatoi in rovina. In questo  scenario pare di vedere Attilio  muoversi a suo agio tra i sassi alla  ricerca di suggestioni poetiche. Ai  margini del sentiero che attraversa il  castagneto, tra antichi muretti a  secco, c'è una bacheca nella quale un  testo di Paolo Lagazzi descrive il  rapporto tra il Poeta e l'Appennino.  Ritornando poi al Mulino si attraversa  nuovamente il Bratica e seguendo la  strada carraia in breve si ritorna a  Casarola passando per la Chiesa. Cartina Sentiero Cultura per gentile concessione del Parco Nazionale Tosco-Emiliano Attilio Bertolucci, Archivio Parma Turismi, per gentile concessione di Provincia di Parma  La casa del Poeta Prati di crochi lungo il sentiero cultura Il Bosco delle Fate Particolare dell’ingresso Uno degli essicatoi in rovina “Qui era tempo di fermarsi, una terra per viverci, cavalli e uomini, a lungo”