Se hai un racconto di montagna che vuoi condividere mandalo a: bergamaccio@gmail.com Nota Bene: La pubblicazione dei racconti inviati è a totale discrezione del webmaster Una notte, tra i boschi dell’Appennino di Giacomo Guidetti Fermiamo l'auto nel parcheggio circondato dal bosco. Scendiamo e siamo  accolti da un silenzio innaturale, anzi no, naturalissimo. Di tanto in tanto  viene interrotto dal tonfo di una pigna che si schianta al suolo, dal verso di  un'animale in lontananza, dal frusciare delle foglie quando passa il vento.  Non sappiamo perché, ma ci sentiamo a disagio estranei, osservati. Facendoci coraggio l'un l'altro ci buttiamo lo zaino in spalla e iniziamo, come  da programma, la nostra camminata notturna nei boschi dell'Appennino.  Camminando di notte i sensi si acuiscono, i muscoli sono tesi, la mente in  allarme. Non c'è nessun motivo di preoccuparsi, ti ripeti, ma l'orecchio resta  vigile a percepire ogni minimo rumore. Di notte il bosco sembra sveglio,  dorme di giorno, riscaldato dal sole. Il timore del buio scioglie le nostre lingue e le nostre gambe, così  procediamo svelti e il nostro scherzare e vociare rimbomba tra gli alberi,  allontanando la volpe e la faina. Dopo circa un'ora di cammino, usciamo dal  bosco, in un ampio prato semicircolare, dove veniamo subito inondati  dall'argentea luce lunare che trasforma ogni cosa in seta, come nelle fiabe  alpine. Dopo un poco, mi abituo alla notte, il senso di disagio svanisce,  inizia a darmi noia il parlare, vorrei essere solo in mezzo alla notte.   Risaliamo verso il crinale, puntando ad un'ampia forcella, il cielo è sereno e  la luna piena diffonde ovunque la sua luce permettendoci di progredire  agevolmente senza l'uso delle torce elettriche. D'un tratto percepiamo un  balenio ai confini del nostro campo visivo, seguito da un suono simile a un  lungo fischio sommesso che ci ammutolisce d'un colpo. Nel silenzio che  segue si insinua la paura: che cosa abbiamo visto? Nessuno parla. Alla fine,  passato lo spavento, decidiamo che è stata tutta suggestione, sarà stato  qualche strano fenomeno atmosferico …Optiamo per continuare. Arriviamo alla sella, e voltiamo il naso all'insù: il cielo stellato è fantastico!  Veniamo rapiti dalla magia del momento, finalmente non siamo più corpi  estranei, ma parte del tutto. Come ben sa chi và in montagna, in queste  occasioni non servono tante parole, ci si guarda negli occhi e si capisce  ogni cosa. Perciò, con pochi cenni d'intesa, ci avviamo verso una larga linea di cresta che sale sino alla cima del monte, un ultimo sforzo e in venti minuti  siamo in cima! La vetta è ampia e tondeggiante, la luce lunare crea dei  suggestivi giochi di ombre, lasciandoci intravvedere nella penombra la  sagoma della croce di vetta e, più in là il profilo di alcuni massi sparsi  all'intorno dell'area sommitale, a guisa di corona. D'un tratto ecco di nuovo quel fischio, seguito da un movimento fulmineo,  appena percepito alle nostre spalle. Alex giura di aver distinto una risata in  quello strano suono. Contemporaneamente inizia a tirare un forte vento  gelido, proveniente dal mare, che ci costringe a cercare rifugio dietro alcuni  massi. Aspettando che il vento si plachi un pochino, beviamo del the caldo e  smangiucchiamo qualche biscotto, interrogandoci sul significato di quello  strano fischio che per ben due volte abbiamo sentito questa notte. "Ve lo  giuro, " dice Alex "era una voce, non un verso di animale, c'era una risata  quasi umana in quel suono." "Ma va là" gli risponde Gio "sarà stato il verso  di qualche uccello notturno, una civetta, o che so io…". Continuano a  discutere di queste cose, ma io, dopo un poco, mi stanco di seguire il  discorso, e inizio a volgere lo sguardo attorno, immaginando di essere da  solo, sulla montagna di notte. Fu in questo momento che lo vidi. Dapprima lo sguardo si era posato su di  lui senza nemmeno vederlo, la sua sagoma si confondeva con quelle dei  massi sparsi attorno, ma poi, attratto da non so quale particolare, aguzzai la  vista, finché non ebbi più dubbi: seduto su di un masso, a circa cinque metri  di distanza, un piccolo omino ci stava guardando, con un sogghigno in  faccia, illuminato di sbieco dai raggi lunari. Mi irrigidii completamente, i miei  amici, accorgendosene, volsero lo sguardo nella stessa direzione del mio, e  mi fu di sollievo constatare che anche loro lo vedevano. Ci guardammo un  attimo negli occhi, e in quel secondo l'esserino scomparve. "Quel coso non era un'animale" dice subito Alex, "Già, ma allora che cos'è?"  gli chiedo. Nessuno sa rispondere. Mentre stiamo lì a interrogarci stupiti  ecco di nuovo quella maledetta risata. Ci agitiamo, ma ci rendiamo conto  che cercare di capire da che parte guardare è del tutto inutile: non c'è  traccia di lui da nessuna parte, e la risata rimbomba negli orecchi rendendo  impossibile stabilire da che direzione arriva. Spaventati, scendiamo, giù fino  alla sella, e poi dritti, il più velocemente possibile, verso il limitare dei faggi,  nelle orecchie gli echi di una risata beffarda, e nella mente il dubbio: ma  davvero abbiamo visto quella specie di folletto? O il vento, la luna e il buio ci  hanno ingannati? Giunti al limitare del bosco, non riusciamo a trovare il sentiero, i segni rossi  e bianchi del CAI sono spariti dagli alberi, la traccia del sentiero  completamente coperta da un manto di foglie, e inoltre, ogni volta che  giriamo lo sguardo, nella zona più periferica del nostro campo visivo,  compare la sfuggevole visione di un esserino, mezzo uomo mezzo animale  che sgattaiola via. Queste continue visioni ci disorientano completamente, e  in breve ci perdiamo. Iniziamo a vagare per i boschi senza più la cognizione  dello spazio e del tempo, senza punti di riferimento.   Finalmente, Giovanni scorge una vecchia costruzione, un tempo ricovero  per pastori, oggi riconvertito a bivacco di fortuna. Adesso sappiamo dove  siamo, il posto, sebbene fuori dalla principale rete di sentieri, è abbastanza  conosciuto e nel corso di altre escursioni ci era già capitato di passare di  qua. Sollevati entriamo nel bivacco per rifiatare. Illuminata dalle prime luci  dell'alba, vediamo un graffito sul muro meridionale del bivacco. Una rozza  incisione rappresentante un'esserino mezzo uomo e mezzo animale, dal  sorriso beffardo, con una scritta, a mo' di firma che ci disse chi era lo strano  essere. Non parlammo mai più di quella notte. Tornammo altre volte su quella  stessa montagna, ma sempre di giorno. Non vedemmo mai più quello strano  esserino. Io personalmente non sono più sicuro di aver vissuto tutto questo,  a volte penso che sia tutto frutto della mia immaginazione, ma certamente  non scorderò presto la risata del Buffardello. Racconti Giacomo Guidetti Nato in pianura il 26 marzo  1984, da sempre appassionato  di viaggi e di montagna, da  giovane ho iniziato a  girovagare per le vette, sia coi  piedi che con la mente.. e non  ho più smesso!